- Io non l’avrò detto, ma tu non hai capito!
- Potrò anche non averlo detto, ma tu non mi hai ascoltato!
Due frasi totalmente ridicole, ma che rendono bene l’idea di molti dialoghi a cui mi capita di assistere.
Il principio base è quello di attaccare l’altro, sempre e comunque, e soprattutto se potrebbe aver ragione ed evidenziare un nostro limite o una nostra mancanza.
La comunicazione è strapiena di situazioni di questo tipo: in famiglia, sul lavoro, nelle più disparate realtà quotidiane e, ovviamente, in ciò che vediamo alla televisione.
A volte questo avviene come risposta di reali attacchi: tu non l’hai detto! Con tono aggressivo e sguardo torvo, ma talvolta gli attacchi non sono reali, ma solo immaginati.
È facile divagare sul malcostume e la maleducazione dilagante, ma forse c’è di più.
Siamo in guerra, quotidianamente, con noi stessi e con il nostro prossimo.
A volte siamo davanti ad attacchi preventivi: la miglior difesa è l’attacco è un proverbio che sento citare un po’ troppo spesso.
Il guaio è che passiamo talmente tanto tempo a cercare i colpevoli, di qualunque cosa, purché non siamo noi, da perdere di vista i problemi e le loro possibili soluzioni.
Se, soprattutto negli ambienti di lavoro, si dedicasse alla soluzione dei problemi il 50% del tempo che si trascorre nella ricerca del colpevole, i problemi si ridurrebbero drasticamente.
Ma purtroppo questo accade anche tra medico e paziente.
Non ho soluzioni universali, ma posso darvi un suggerimento pratico: prima di affrontare un dialogo importante, fate un elenco delle cose che volete sapere, o che volete dire, e non terminate la conversazione se non avete avuto una risposta chiara e comprensibile a tutte le vostre domande, o la sicurezza che l'altro ha compreso pienamente ciò che volevate dire.
È un metodo un po’ burocratico, ma a volte indispensabile!